Terina

Il momento storico più significativo nella piana di S. Eufemia è rappresentato certamente dalla fondazione di Terina che, stando all’inizio dell’emissione autonoma di monete (480-460 a. C.), va fissata, come già detto, intorno al primo ventennio del V sec. a. C. Essa sorse in prossimità del mare, proprio dove è stata localizzata dagli scavi archeologici in contrada Iardini di Renda, con l’acropoli costituita dall’altura di S. Eufemia Vetere e un insieme di più suburbi nel territorio circostante. Proprio nell’area di S. Eufemia Vetere fu rinvenuto fortuitamente nel 1865 il cosiddetto tesoro di S. Eufemia (fine IV sec. a. C.) conservato nel British Museum di Londra. Frutto pure di un ritrovamento fortuito è la tabella testamentaria recuperata nel 1914 da Paolo Orsi, piccola lamina di bronzo iscritta, contenente la divisione di una proprietà, che insieme al tesoro è stata indicata come chiave per l’identificazione di Terina ancor prima dell’avvio degli scavi archeologici del 1997 e del 2001. A dare un’ulteriore certezza è sopraggiunto nel mese di maggio del 2002 il ritrovamento, non molto lontano dal luogo in cui fu trovata la tabella testamentaria, di una tavoletta bronzea della prima metà del V sec. a. C. alla quale gli studiosi hanno attribuito una grande importanza dal punto di vista storico.

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Vista aerea area archeologica Terina

Infatti il reperto sarebbe la prima attestazione sul litorale tirrenico della Calabria di una iscrizione che presenta l’alfabeto utilizzato dalle colonie achee della Magna Grecia, presenti solo sulla costa ionica (Sibari, Crotone, Metaponto). Il ritrovamento a S. Eufemia Vetere aggiunge un’altra conferma al fatto che Terina sia stata una colonia fondata da Crotone. Il fatto poi che si tratti della più antica iscrizione di carattere pubblico in bronzo trovata sulla costa tirrenica calabrese testimonia come Terina fosse organizzata per quanto riguarda la scrittura, potendo contare su una categoria di persone istruite al servizio della comunità. Inoltre la presenza nel testo della parola ‘demiurgo’ (ossia il magistrato eponimo che cambiava annualmente e dava il suo nome all’anno) sta a dimostrare che la città, già consolidata nel territorio, possedeva un archivio dei documenti pubblici e che questi documenti erano tutelati, tanto da essere incisi sul bronzo.

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Area archeologica Terina

A conferma dell’importanza di Terina, come centro economico e commerciale, alcuni autori come Plinio e Tucidide sostengono che da questa città abbia preso il nome il golfo, detto appunto terineo. Intorno a Terina, come accadeva per le altre colonie magno-greche, nel corso del IV sec. a. C. sorsero certamente complessi rustici organizzati in fattorie, mentre sul finire dello stesso secolo popolazioni osche si insediarono nella piana. Terina insieme ad Ipponio fu conquistata dai Brettii i quali, durante la guerra annibalica, si schierarono col condottiero cartaginese contro i Romani che erano stati sconfitti a Canne (216 a. C.). I romani però nel corso del decennio successivo procedettero ad una progressiva riconquista delle varie città greche e bruzie che avevano defezionato, tra cui Terina. Questi avvenimenti segnarono la fine della città che, come tramanda Strabone, non potendo essere più difesa e per impedire che cadesse in mano ai romani, fu distrutta e rasa al suolo da Annibale tra il 204 e il 202. La sua popolazione, come avvenne per altri centri, fu costretta a trasferirsi altrove e della città si perse la memoria. Dai Romani fu invece distrutta Tiriolo, alleata anch’essa dei Cartaginesi. Qui, nel 1640 è stata rinvenuta una copia originale della lamina in bronzo con il testo del ‘Senatus Consultum de Bacchanalibus’ emanato nel 186 a. C.

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Moneta con testa della ninfa Terina

Questo prezioso reperto, già in possesso della famiglia Cigala e poi da essa donato a Carlo d’Asburgo, è conservato nel museo imperiale di Vienna, mentre nel museo di Tiriolo è esposto un calco. Con il suo provvedimento, emesso a pochi anni dalla conclusione dell’ultima guerra punica e della connessa romanizzazione, il senato romano proibiva, pena la morte, la religione di Bacco e i cosiddetti baccanali, retaggio della colonizzazione greca. I baccanali erano feste e riti celebrati per lo più segretamente in parte del territorio italico e anche a Roma dagli iniziati al culto di Bacco. Si diffusero nella penisola italica attraverso la Magna Grecia come manifestazioni della religione dionisiaca. Suscitarono ben presto i sospetti dello Stato romano fino a provocarne l’abolizione. Il provvedimento fu preso nell’anno 186 a. C. con il ‘Senatus Consultum de Bacchanalibus’ dopo una severa inchiesta del console Postumio Albino. Secondo quanto scrive Tito Livio, i baccanali furono giudicati contrari alla morale pubblica e atti a favorire complotti politici, per cui gli adepti furono ricercati e perseguiti come pericolosi nemici della sicurezza dello Stato. Le inquisizioni riguardarono circa 7000 persone parte delle quali vennero condannate a morte, parte alla prigione, mentre i ridotti dove si svolgevano i riti vennero distrutti. Il divieto, il primo dei Romani in campo religioso, trovò numerose resistenze, specialmente nell’Italia meridionale dove il culto di Bacco persisté a lungo. Anche a Tiriolo, dove i baccanti si radunavano di notte sul monte per effettuare i loro riti orgiastici, ci fu una vera e propria strage degli ostinati seguaci di Bacco. Si concretizzava la tendenza della politica romana volta ad estirpare ogni traccia socioculturale delle civiltà fiorite in Calabria.

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Scavi Terina

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