Paolo Orsi: le ricerche archeologiche

L'archeologo di Rovereto Paolo Orsi (1859-1935), direttore del Museo Archeologico Nazionale di Siracusa e, dal 1907 al 1925, soprintendente alle antichità della Calabria e della Basilicata, compì importanti ricerche in Sicilia e in Calabria. Nel 1922 sulla rivista Notizie degli scavi (anno 1922, fasc. 1°, Tip. della R. Accademia Nazionale dei Lincei, pp. 470-473) pubblicava, col titolo Alla ricerca di Terina, il resoconto delle sue ricognizioni archeologiche nel territorio lametino. Dopo aver preso atto di quanto riportato dagli scrittori antichi e moderni che avevano ipotizzato l’ubicazione di Terina intorno a S. Eufemia del Golfo (oggi Vetere), stigmatizzava quanti di loro avevano avanzato le loro ipotesi senza avere mai battuto personalmente il terreno e senza aver effettuato o assistito a scavi. E cita il caso emblematico del Lénormant il quale, se si fosse recato sul posto “non sarebbe incorso nel grave equivoco di dire inghiottita dal mare nel 1638 la storica abbazia normanna di S. Eufemia, mentre esistono tuttora imponenti rovine”.

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Paolo Orsi

Orsi, invece, riferisce di avere effettuato due lunghe ricognizioni sul territorio tra Sambiase e il mare: una nel maggio 1914 e una seconda nel maggio 1915. In questa seconda ricognizione era accompagnato da alcuni operai siracusani, esperti di scavi, che egli dislocò in “pattuglie esploratrici” su tutto il territorio interessato alla sua ricerca. Come riferimento aveva il fol. 241 della Carta militare d’Italia. Ecco, in sintesi, l’esito di queste ricognizioni e scoperte archeologiche, a cominciare da S. Eufemia Vetere. E’ – dice – “un villaggetto abbandonato da oltre un secolo causa la malaria; sorge sopra un rilievo del suolo e nel suo aspetto attuale lo si direbbe seicentesco. Nelle vecchie case disabitate ho notato grossi conci, tolti da fabbriche certamente greche. Davanti la chiesetta 4 colonne antiche in granito ed in marmo derivano forse dall’abbazia normanna omonima”. Importante quanto Orsi riferisce della “pila battesimale”: altro non è che un antico sarcofago marmoreo d’età imperiale (m. 1,29x 0,36) adattato a fonte battesimale. Ora è murato a sinistra del portale d’ingresso della chiesa. Orsi non ha dubbi sull’età: III sec. circa. E così lo descrive: “Nel prospetto un putto sorregge due grandi eucarpi nei cui vani ci sono due bei mascheroni di Medusa triste e negli angoli piccole vittorie sul globo”.

Tutto il villaggio di S. Eufemia gli si rivela ricco di resti antichi, soprattutto “nel declive nord della collina”, unica emergente dal suolo pianeggiante, che egli ipotizza essere stata l’acropoli di Terina. E non gli sfugge il fatto che “il terreno a sud di essa porta ancora il nome di Terravecchia, indizio di antico abitato”. E aggiunge: “Fu precisamente qui, nel solco profondo inciso nel suolo da un rigagnolo, che nel 1865 si scoprì il celebre tesoro detto, senza ragione, di Agatocle, per la presenza di numerosi aurei di quel principe, in gran parte finiti nel crogiolo: si dice che vi fosse una corazza d’oro a squame e molti gioielli, porzione dei quali passarono al Museo Britannico. Un vecchio orafo di S. Biase da cui acquistai la laminetta testamentaria ebbe di quel tesoro delle colonnine d’oro che fuse ed un vasetto a mezzo uovo venduto ad un antiquario di Napoli, lo Knight. Vi era anche, sempre secondo il suo racconto, un elmo d’oro (meglio in bronzo dorato) e molti gioielli. La più gran parte di tali oggetti fu svenduta e fusa per sottrarla alle tardive ricerche della polizia”.

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Tabella testamentaria

Un altro importante rinvenimento fatto dall’archeologo di Rovereto durante la stessa campagna del 1914, fu la “tabelletta testamentaria greca”. Orsi capì subito l’importanza di quel ritrovamento dovuta soprattutto al “prezioso brano epigrafico” iscritto su quella piccola tavoletta di rame. Infatti “contiene i resti di un testamento della fine del IV sec. a C.” che l’esperto “D. Comparetti non esitò ad attribuire ad un cittadino facoltoso di Terina, sebbene il nome della città non figuri nella tabella”.

Orsi si trovò concorde col Comparetti nell’attribuzione e nella datazione “perché il testamento trovato fra questi ruderi di un edificio (non di un sepolcro) non può derivare che da una città greca di riguardo, per la quale ricorre spontaneo il nome di Terina”. Sulla tabella e sugli studi effettuati su di essa torneremo fra poco. Continuiamo per ora con la relazione di Orsi e con “la quantità di piccole scoperte fatte nelle ricognizioni attraverso la campagna terinese”. In particolare l’archeologo ricorda che sulla spianata detta ‘Elemosina’ nei pressi dello stesso villaggio di S. Eufemia Vetere “si rinvenne anni addietro un grande sarcofago di sfaldature granitiche, faticosamente lavorate, che mi si è detto contenesse solo ossa”. “Nel fondo Pasquale De Medici in contrada Zuppello si trovarono abbondanti ruderi con pavimenti in mattoni ed in coccio pesto; vidi sul luogo una colonna. Al lato meridionale di detto podere segnalai tracce di sepolcri Romani di età imperiale, come di lucerne e monete in essi contenute e da me viste. Intorno ai ruderi della chiesetta di S. Trara, con tutta probabilità bizantina, eravi un sepolcreto con tombe di mattonacci, molti dei quali segnati della strana figura di una lisca o ramo secco; esse hanno dato perle di ambra e di vetro e perciò le giudico bizantine”.

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S.Eufemia Vetere e Terina

Aggiunge di aver appreso della scoperta, in contrada Celsito (cioè Querceto, a NO di S. Eufemia V.), di “numerose tombe di tegole contenenti poveri vasellami” e di aver visto “i ruderi di un’altra minuscola chiesetta forse bizantina”. E ancora: “Attorno alla fattoria Franzì, sempre nella stessa contrada, si intensificarono le notizie di scoperte sepolcrali; tali tombe erano fatte di cassoni tufacei ed altre di tegole. Il corredo di piccolo vasellame, copioso, a vernice nera o con qualche figura., con qualche immaginetta fittile, fu spedito a Roma ad un amatore e denota una necropoli ellenistica”. In contrada S. Sidero (cioè S. Isidoro) gli furono segnalate “grandi fabbriche di laterizi, tra cui una circolare, distrutta per trarne materiale”. Copiosi ruderi gli furono segnalati anche nelle contrade Paracocchio e Palazzi nelle proprietà dei fratelli Tropea.

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Tesoro di S. Eufemia

"Sono – scrive Orsi – ruine molto deteriorate di età romana e dell’alto medioevo e gli eruditi locali quivi collocano il grande monastero di S. Costantino (i cui resti sono riconoscibili al Piano delli Palazzi), i cui beni formarono in promiscuità l’abbazia di S. Sidero, dipendente da quella di S. Eufemia, e più tardi la baronia di S. Sidero”. Ricorda anche che nel 1890 in contrada Amatello, mentre si costruiva la ferrovia S. Eufemia-Catanzaro, venne alla luce una piccola necropoli ellenistica (come fu riferito nella rivista ‘Notizie’ del 1891, pp. 344-345). Alla luce di tutte queste risultanze Orsi conclude sostenendo che “il tesoro di S. Eufemia V., la laminetta testamentaria e la necropoli Franzì sono documenti di primo ordine ad attestare la presenza di una ragguardevole città greca”. A tirare le somme, il grande archeologo si dichiarava più che mai convinto che “molte e gravi ragioni militino a favore di Terina-S. Eufemia V., sebbene molto ancora si debba attendere per averne la prova definitiva”.